FORZA LICATA

STORIA DI LICATA

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licatese 264 a.C.
view post Posted on 25/9/2010, 12:39 by: licatese 264 a.C.
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Licata provincia della valle del salso

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Da Licata verso l’Africa
Prepotenze, miseria e disonore


Quella nottata tra il 18 e il 19 luglio 1943 di tormentosa ansia, di gravosi dubbi e di irosa ribellione passeggiai avanti indietro tutto il tempo. Al mattino del 19 venne introdotto un altro ospite, il segretario del fascio di Campobello (di Licata), un avvocato, accusato di avere armato di pistola un maggiore dell’esercito italiano, prima dell’invasione americana e mentr’era in corso lo sbarco sulla costa. Tutti dunque avrebbero dovuto tradire!…

Verso le due del pomeriggio misero in riga per tre i militari del Distretto, in testa il grosso colonnello affiancata da due ufficiali superiori e seguito dagli ufficiali subalterni, dai sottufficiali e dai militari di truppa.
Uno della MP mi ingiunse di portare una cassetta contenente i portafogli (forse alleggeriti) degli ufficiali; e la colonna si mise in marcia sulla polverosa strada per la stazione ferroviaria distante due chilometri e mezzo circa, attraverso le vie del paese sotto un sole cocente e tra il dileggio del popolaccio.

Così inquadrati si giunse alla scalo ferroviario accolti da una scimmiesca ilarità dei negri vestiti da soldati liberatori, guardati a vista e sotto la minaccia delle armi automatiche. Chiesi aiuto contro la sete e il sudore all’ufficiale medico che mi stava vicino che mi porse una borraccia con del cognac di cui bevvi alcuni sorsi ricevendone un certo ristoro. Un soldato, una specie di scimmione negro, passandosi l’arma da una mano all’altra, con quella libera strappava l’orologio che l’ufficiale medico metteva allo scoperto nel porgermi da bere. Nessuno poteva protestare, e il dottore per soccorrermi dovette subire in silenzio la prepotenza.

ntanto con un senso di vera nausea, si dovette assistere a scene deprimenti: ragazzi adulti e non poche donne anche molto giovani, attorniavano quei soldati nostri guardiani e, partecipando alla costoro ilarità con fare sottomesso ed umiltà strisciante, offrivano ad essi vino, liquori e procaci promesse, in cambio di cioccolattini, caramelle, sigarette.

E tra le risa sguaiate di quella plebaglia i “liberatori” negri, resi più audaci dalle abbondanti libagioni, alla presenza di tutti si permettevano sconce licenziosità con le donne. E il geloso costume siciliano dove era andato a farsi… benedire?

Finalmente, nel tardo pomeriggio, fu pronto un treno merci e tutti venimmo fatti salire con spintoni piuttosto violenti, in alcuni carri: si trattava degli indimenticabili carri-merci dove era scritto il fatidico: “cavalli otto – uomini quaranta” che componevano le “tradotte” della grande guerra impiegati nel trasporto al fronte di fanti di una guerra vittoriosa. E pigiati come sardine, come Dio volle, giungemmo alla stazione di Licata, dove venimmo scortati alla villa comunale attrezzata a campo di concentramento. Un tale non dissimile dal bieco Davis di Milena faceva da interprete manifestando leziosa e umile sottomissione verso la soldataglia che ci custodiva.
Licata, paese che non conoscevo, si presentava quel tardo pomeriggio tal quale un porto di guerra assai movimentato: affollato com’era da militari di ogni colore, da plebaglia numerosa, da sgualdrine lascive e ributtanti.

Sul lungomare prospiciente la spiaggia si svolgeva una interminabile processione di automezzi d’ogni tipo. Si era alle ultime luci del giorno e dal mare venivano fuori giganteschi carri anfibi che, emergendo gocciolanti e, strisciando sull’arenile, vomitavano militari armati di tutto punto.

Era uno spettacolo caotico, colmo di rumori assordanti, di ordini lanciati a squarciagola e strilli che rompevano i timpani.

LA BATTAGLIA DI SICILIA

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio iniziò la “battaglia di Sicilia”, nel corso della quale i soldati italiani e tedeschi, nonostante disponessero di esigue forze, in talune zone tennero testa valorosamente alla soverchiante superiorità dell’invasore per ben trent’otto giorni. Il piano d’assalto, detto “Husky”, dal nome del cane siberiano da slitta, era stato elaborato dalla Force 141 dello Stato Maggiore alleato ed approvato dal presidente americano Roosevelt e dal primo ministro britannico Churchill alla Conferenza di Casablanca del 14-23 gennaio 1943, quando la campagna d’Africa può considerarsi ormai chiusa a favore degli alleati anglo-americani. Tale piano fu più volte rimaneggiato e modificato anche per alcune divergenze di opinioni sorte fra i capi militari.
Ma alla fine prevalse il disegno del generale Alexander: la 18a armata avrebbe dovuto sbarcare nei pressi di Pozzallo, poi risalire per Augusta e Catania; la 7a armata avrebbe dovuto sbarcare presso Licata, codificata come area “Joss”, prendere Gela, assicurare il fianco alla 8a armata a Ragusa nella sua avanzata, mentre forti contingenti di truppe aviotrasportate, paracadutate oltre la testa di ponte, avrebbero occupato i punti chiave e protetto gli sbarchi.
Alle ore 02,30 di quella notte venne dato l’allarme navale quando da Licata a Scoglitti, appaiono in formazione 942 navi della 8a flotta americana, giunte dalla Algeria, dalla Tunisia e da Malta. Sono 5 incrociatori, 48 cacciatorpediniere, 11 tra posamine e dragamine, 87 unità da combattimento di vario tipo, 94 unità ausiliarie e da trasporto e rifornimento, settecento navi e mezzi da sbarco. Nessuna corrazzata e nessuna portaerei presenti. Le operazioni navali sono dirette dal vice ammiraglio Henry Kent Hewit che si trova a bordo della Monrovia (8,889 tonnellate di stazza) assieme al generale Gorge Smith Patton che guida la 7a armata americana (3 divisioni di fanteria, in tutto 26 battaglioni, una divisione corazzata e 3 battaglioni Rangers) e che assumerà la direzione delle operazioni terrestri. L’obiettivo è l’occupazione del territorio di Licata, dal fronte costiero Gaffe-Due Rocche, con il porto e la città.
Nel settore di Gaffe, contrassegnato come “spiaggia rossa” sono in posizione le unità del gruppo d’attacco “Gaffi”, con i cacciatorpediniere Roe e Swanson, che ha il compito di portare sulla battigia il 7° raggruppamento tattico della 3a divisione di fanteria agli ordini del colonnello Harry B. Sherman. Nei settori Poliscia e Mollarella, detti “spiagge verdi”, sta il gruppo d’attacco “Molla”, con i cacciatorpediniere Edison e Bristol, con il compito di sbarcare il 3° battaglione rangers, agli ordini del tenente colonnello H.W. Dummer, e il 2° battaglione del 15° raggruppamento che marceranno verso est sulla città. Nel settore Plaia e Montengrande, detto “spiaggia gialla”, sono in posizione i cacciatorpediniere Wolsey e Buck e l’incrociatore Brooklyn e mezzi del gruppo d’attacco “Salso”, coordinati dal capitano di fregata William O. Floyd che ha il compito di trasportare a terra il 1° e il 3° battaglione del 15° raggruppamento agli ordini del colonnello Charles E. Johnson, con l’incarico di chiudere a tenaglia Licata. Nel settore Due Rocche, detto “spiaggia Blu”, sono pronti gli anfibi del gruppo d’attacco “Falconara”, supportato dal fuoco dei cacciatorpediniere Wilkes, Nicholson, Ludlow, Birmingham, che devono sbarcare il 30° raggruppamento del colonnello Arthur H. Rogers che ha l’ordine di conquistare il colle Disusino.
Le unità da combattimento alle 23,30 hanno sottoposto la costa e il semicerchio collinare ad intenso bombardamento con salve di potenti cannoni da 6 e 5 pollici. Alle ore 01,00 del 10 luglio il generale Alfredo Guzzoni dichiara lo stato di emergenza ed ordina di far brillare le ostruzioni, le banchine portuali e gli ormeggi. Alle ore 02,45, l’ora “H”, le unità navali americane spargono dense cortine di fumo e riaprono il fuoco assicurando il necessario supporto alle ondate di assalto verso gli arenili. All’alba irrompono, però, gli aerei del Luftwaffe, i bombardieri veloci provenienti dalla Sardegna e i caccia del 53° stormo della base di Catania. Alcuni vengono abbattuti, gli altri si ritirano.
Il primo sbarco si registra alle ore 04,10 sull’arenile di Gaffe, ma i fanti americani si trovano davanti un attivissimo fuoco da parte degli uomini del 139° reggimento della 207a divisione. La seconda e terza armata fa fatica ad arrivare sulla battigia, subendo gravi perdite a causa del fuoco da terra e del mitragliamento degli aerei tedeschi. Il comandante americano della spiaggia chiese la sospensione degli sbarchi, mentre le truppe bloccate sulla battigia fanno fatica ad avanzare. Alle ore 7,15, dopo l’intervento devastante dell’incrociatore Brooklyn che trebbia implacabile tutta l’area nemica di Gaffe, da Mandranova a Sconfitta, il fuoco difensivo cessa completamente. Alle ore 8,00 tutte le operazioni di sbarco degl gruppo “Gaffi” vengono completate con successo.
Alle ore 03,00 i rangers del 3° battaglione toccano terra alla Poliscia e dopo aver zittito il fuoco di difesa avanzano verso est e dopo aver superato le linee di difesa e imboccata la strada San Michele, avanzano verso Licata. Alle 03,40 la seconda ondata, al comando del col. Brady, che incontra sulla serra Mollachella l’eroica resistenza di un tenente italiano, rimasto ignoto. Il 2° battaglione, così, protetto dal Bristol e dall’Edison, guadagna la strada panoramica verso Licata e il castel Sant’Angelo. Il Bristol con le sue bordate colpisce Pizzo Caduta, Monserrato, il Belvedere, il Cimitero, mette fuori uso il treno armato che si trovava a protezione del porto e martella la città provocando seri danni a molti edifici del centro.
Presso il pozzo Gradiglia i Rangers ricevono la resa del 419° battaglione italiano, mentre alle 07,35 i fanti di Brady ammainano il tricolore issato sul castel Sant’Angelo, colpito dall’incrociatore Brooklyn e dal caccia Buck, e innalzano, al suo posto, la bandiera a stelle e strisce. Le perdite del gruppo sono lievi, ad eccezione dell’affondamento del dragamine Sentinel, più volte colpito dalle bombe degli aerei tedeschi.
Nella zona Plaia-Montegrande sbarcano due battaglioni del 15° reggimento del col. Johnson. La prima ondata tocca terra alle ore 03,40, quando già il comando del 390° battaglione italiano sulla spiaggia è stato abbandonato. Alle ore 9,30 i fanti americani guadano il Salso e marciano su Licata. Per l’intera durata dell’operazione i cacciatorpediniere Woosley e Buck, davanti al porto e dirimpetto alla Plaia cannoneggiano senza sosta. Sulla “spiaggia blu”, zona Punta Due Rocche, lo sbarco avviene in più ondate dalle ore 03,15, protetto dall’incrociatore Brooklyn che spazza le batterie sui fianchi del Disusino e dal Birmingham che martella anche Faino, Poggio Lungo e la cinta collinare sopra Falconara. Alle ore 07,50 sbarcano anche gli agenti della Centrale Italiana dell’OSS, l’ufficio dei servizi strategici che nel 1945 si trasformerà in CIA. In spiaggia ad attenderli c’è Frank Toscani, in zona da settimane, sotto false generalità, camuffato da commerciante di pomodori.Uno stuka tedesco affonda il caccia Maddox, che navigava al limite tra la zona Joss e la zona Dime. Alle ore 04,58 affonda con i suoi 211 membri dell’equipaggio, il comandante e 7 ufficiali. I superstiti sono solo 74.
Alle 11,30 dal balcone del Municipio di Licata, liberato dal nido di mitragliatrici dei R. Carabinieri, sventolano le bandiere americane e britanniche. Il maggiore Frank Toscani dell’Amgot assume il governo della città e stabilisce la sua base operativa nell’ufficio del podestà. Il generale Lucian K. Truscott pone il suo comando nel palazzo La Lumia. Un altro comando militare viene ospitato nella casa di campagna del sig. Giovanni Licata in contrada Montagna-San Cataldo. Sul molo di levante sbarcano i carri armati Stuart e Sherman del gruppo d’attacco “Gaffi”. Gli uffici dell’ex Fascio costituirono il comando della Polizia Militare, mentre l’ufficio circondariale di porto ospitò il comando della Usa Navy, sotto la cui giurisdizione passò il porto di Licata. Un aeroporto viene allestito nella Piana Romano.
Combattimenti susseguono domenica 11 luglio e nei giorni successivi. Si tratterà però di attacchi isolati di aerei tedeschi. Al largo di Gaffe viene affondata una nave ospedale, alle ore 8,10 viene colpota una nave da sbarco carica di carri armati. Nel pomeriggio vengono distrutti due mercantili a punta Due Rocche e un rifornitore a Safarella. Lunedì 12 luglio viene danneggiata la nave ammiraglia Monrovia che era stata appena visitata dal comandante della Force Husky, il generale Qwigth David Eisenhower, giunto da Malta con il cacciatorpediniere britannico Petard.
Sulle spiagge dell’area Joss, territorio di Licata, dal 10 al 12 luglio furono sbarcati 20.470 soldati e 3.752 veicoli, dal 13 al 31 luglio 29.294 soldati e 7.967 veicoli, nel mese di agosto 6.325 soldati e 2.430 veicoli.
Nella villa Elena fu improvvisato un campo di concentramento, anche per prigionieri civili, molti gerarchi fascisti dell’ultima ora. Si trattava di un campo di transito per i prigionieri di guerra che affluivano dall’interno della Sicilia. Da qui venivano periodicamente trasferiti al vicino porto ed imbarcati su grandi zatteroni per i campi P.O.W. di Orano, in Algeria.
Il maggiore Frank Toscani lascia il comando degli Affari Civili di Licata prima del ferragosto del 1943. Gli succede il capitano Wendel Phillips che resta al governo degli Affari Civili di Licata sino al mese di dicembre del 1943. Con la sua partenza se ne andarono anche le truppe americane da Licata, con le quali erano giunti anche due ospiti illustri dello spettacolo e della fotografia. Il primo, Maurice Chevalier, che tenne molti spettacoli nell’arena naturale dell’Ortu “du za Saru”, per mantenere alto il morale delle truppe dello zio Sam, l’altro, Robert Capa, fotoreporter del “Life”, che immortalò artisticamente con la sua macchina fotografica rare e preziose immagini di guerra. Molto significativa è quella che ritrae il fante di Marina Franklin Delano Roosevelt jr, figlio dell’allora presidente U.S.A., mentre accovacciato riceve indicazioni nelle campagne di Licata da un piccolo e vecchio contadino.
Moltissime furono le vittime civili licatesi provocate dallo sbarco. Se ne contarono almeno 73, ma il numero sicuramente è stato più alto, così ripartite: 32 caddero il 10 luglio, 26 morirono successivamente nell’ospedale del Croce Rossa per ferite riportate durante le operazioni di sbarco e 15 nei mesi successivi per scoppio di munizioni (11). Numerose furono anche le vittime tra le truppe da sbarco americane. Il gen. Patton in data 18 luglio, dopo la presa di Agrigento, comunicava, infatti, al generale Eisenhower di aver perso 5.600 uomini dei quali 500 morti, 1900 dispersi e il resto feriti.

Questo brano è tratto da Alicata Dilecta di Calogero Carità
Altri riferimenti bibliografici:
Carmela Zangara, 10 luglio 1943, Le testimonianze dei Licatesi, Licata 2000, ed. La Vedetta
Carmelo Incorvaia, 10 luglio 1943. La Usa Navy nello sbarco a Licata, in Lungo il piccolo Càssaro (note di storia della Sicilia minore), Licata 2004, ed. La Vedetta.
 
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