FORZA LICATA

TUTTO ZEMAN

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bizzii
view post Posted on 31/10/2009, 11:44




Quando Zeman andava a cena con Moggi, il suo più grande nemico. Quando c'era l'Inter a corteggiarlo. Quando insomma esisteva il grande Foggia, quello che sfiorò l'Uefa, inizio anni '90: gol e miracoli ora raccontati in un documentario, "Zemanlandia", prodotto da Showlab, regia dell'astigiano Giuseppe Sansonna. Zeman è disoccupato, non dimenticato. "Mi resta solo da seguire...". Le ultime tre squadre lo hanno tutte esonerato. "Sono ancora contro le cose sbagliate, e ce ne sono tante". Il 4-3-3 e le sue accuse mancano alla serie A da 4 campionati. "Perché? Si vede che non c'è bisogno di allenatori...".

Dopodomani la presentazione del documentario alla Casa del cinema di Roma, 55 minuti di aneddoti e battute col presidente d'allora, Pasquale Casillo, l'imprenditore del grano che gli offrì un contratto dopo averlo visto perdere 4-1, che gli pagò il primo premio partita dopo una sconfitta in casa col Sorrento, e che lo chiamava Sdengo, oppure Zemàn. Con l'accento sulla a.

Uno taciturno, detto "il muto". L'altro lussureggiante, per tutti "don Pasquale". Nel documentario tutto è duetto. "Tu parlavi poco - accenna Casillo - ma facevi danni". Una sorta di facciata B di Mourinho, ecco cos'era Zeman. Con Moggi nel mirino. Il calcio in farmacia, il doping, la Gea. "In giro sono rimasti molti moggini. Lui paga sempre quello", giura Casillo, assolto nel 2007 dall'accusa di associazione camorristica, a 13 anni dall'arresto. "Zeman lo disse subito che si trattava di un abbaglio. Quando uscii dal carcere, mi aspettava fuori". Una coppia vera. Fu Moggi a farli litigare. Un giorno Zemàn va a Caserta per vedere la nazionale, poi finisce in un ristorante di Napoli a parlare del suo passaggio al Parma. "Con Luciano Moggi e Sogliano", lo racconta il boemo in persona. Casillo aggiunge dettagli: "Ora mi fai ricordare. A me lo disse un cameriere, era del mio paese. Per un mese ho tenuto un mio dipendente fuori la sede del Parma a controllare". Esonerato, dunque. Zeman andò davvero al Parma. Poi tornò. "In quegli anni ho parlato anche con l'Inter, con l'Udinese, con tanti, ma sono rimasto a Foggia lo stesso".

Foggia, dove giocava a carte coi magazzinieri e prendeva caramelle dai tifosi. Nel documentario ci sono pure loro. Uno a cui Zeman regalò un impermeabile, un altro che si vanta di avergli trasmesso il vizio del fumo. "Abbiamo sempre fatto sceneggiate, noi". Casillo si lamenta del miliardo e mezzo speso per Signori? Zeman allora lo invita a vendersi un mulino. Altro che vendere un mulino. "Non ci ho rimesso col calcio. Ho guadagnato soldi a quintali: 55 miliardi. Zeman non era venale. Aveva solo bisogno di 20 mila lire al giorno per le sigarette".

E poi la squadra. C'è il terzino Codispoti, al quale misero 100 mila lire nella scarpetta sinistra perché imparasse a crossare meglio; c'è Signori che imita Casillo ("Aggia fà 'a squadra cchiù fforte d''o Milàn"), c'è Rambaudi che imita Zeman. Le immagini degli allenamenti sui gradoni dello stadio, quelle dell'incontro con papa Wojtyla. Zeman si svela un po': "Dovevo fare il duro, non lo sono mai stato. Mi è sempre piaciuto vedere cosa succedeva intorno a me, e succedeva sempre qualche cosa. La mia maestra elementare diceva che avrei dovuto fare cinema".

Ci riprovarono ad Avellino, serie B, 6 anni fa, Calciopoli era alle porte. Casillo rivela: "La sera prima della partita col Messina, mi chiamarono per chiedermi di farti fuori, in cambio della salvezza. Eri tu l'obiettivo, non io. Risposi a quel signore: io vado in serie C con Zemàn". Infatti. Oggi c'è un altro Zeman in panchina, il figlio Karel, allena a Maglie, campionato d'Eccellenza pugliese. Papà Zdenek guarda: "No, non ho pagato tanto. Mi sono divertito. Potevo fare di più. Resto attaccato alle mie cose, né business né merchandising. Mi resta solo di seguire...".

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bizzii
view post Posted on 31/10/2009, 12:02




Zeman al Milan .... sogno in una notte di settembre

Nel Milan non arrivano i risultati, squadra già cotta e poche speranze di scudetto. Galliani va nello stanzino dove ci sono le scope, per fare una telefonata.
Lo ha chiamato la Segretaria del boss che gli riferisce che vuole parlargli.

Adriano va sempre in quei 3 mt quadri quando deve parlare con Lui. Lo fa da anni. Non è un gesto calcolato ma spontaneo ed istintivo, là si sente al sicuro e poi in fondo porta anche bene, non lo ha mai licenziato.
Tanti trofei, tanta storia gloriosa in ogni angolo di Milanello, chi andrà mai a cercarlo dove ci sono le scope ed il mocio?
Là dentro fa caldo, c'è anche odore di diserbante e candeggina. Attrezzi per le pulizie sparsi qua e là . Però è forse l'unico angolo non curato di un complesso magnifico, efficiente, costoso.
Ci sono due, tre filtri di efficienti collaboratori che lo intrattengono nell' attesa. Segretaria, portaborse ma il numero è quello giusto, tre minuti al massimo e arriva.
Galliani pensa che questa volta è dura. l'Inter e la nuova Juve di Diego sono distanti, troppo. Sa che non può ripetere all'infinito di avere la bacheca piena di trofei, che è la squadra più titolata al mondo. A qualche tifoso stanno girando le palle ed un prodotto scadente non lo si vende più bene. Perfino l'Adidas ha fatto sapere di voler rivedere certe cifre e condizioni.

Ha molti brutti pensieri Adriano, non ascolta neppure chi lo intrattiene nell'attesa.

Adriano pensa che sarebbe bello ritornare a vincere, ma Lui, anzi il figlio ... uno tosto, gli ha rinfacciato qualche soldo speso male ed un bilancio quasi a puttane. "Papà non può mettere sempre soldi" ha detto il figlio tosto ad amici, " qualcuno deve cominciare a pensare bene come spendere i nostri soldi e soprattutto deve produrre utili e non accumulare solo debiti. Siamo anni che andiamo sotto, sul campo e in banca".
Quel "qualcuno" detto dal figlio tosto sa che è riferito a lui e sa anche che per questo non può più muoversi come un tempo. Vista la situazione, ha dovuto far rientrare gli osservatori dal Sudamerica e dall'Est, solo un contrattino di facciata a Pederzoli, roba da cinquantamila euro all'anno, per dare ancora l’idea di efficienza. Ariedo non vuole più viaggiare ed anche lui ha i suoi anni.

L'attesa è un pò più lunga, e Galliani, comincia a sudare. Passa il Giacomo nel corridoio. Lo riconosce dal passo. Sbatte sempre i tacchi e fischietta. Fischietta sempre Giacomo. Calabrese, da 40 anni a Milano. Lavorava in panificio alla mattina, anzi dalle prime luci dell'alba e la sera andava ai mercati a scaricare la frutta.
Qui a Milanello può non fischiare?
Fischiava anche dopo Atene e anche dopo la partita del Velodrome di Marsiglia. Ma le sofferenze sono altre e Giacomo lo sa.
Dal finestrino in alto si sente il rumore del trattorino, qualche richiamo di Leo, neanche tanto forte, ma l'attesa è più lunga e continua a sudare.
La scelta di Leonardo è stata forte - pensa - mediatica, coraggiosa. Lo avevano già fatto con Capello, non si sono fidati di Tassotti. Il Mauro è bravo, è uno del Milan, ma non vuole troppe responsabilità . Certo, era la scelta più comoda, ma Leo ha la faccia giusta.
"Adri ... allora" ? Finalmente Lui riesce a liberarsi ed è dall'altra parte del telefono.
"Senti Adri, io ci sto pensando da qualche giorno, anzi da ieri. Il Leo non mi convince più. Lo vedo leggero, non mi stupisce. E poi non mi da ascolto e questo non va bene."

Galliani sa che quando Lui inizia a parlare, non bisogna interrompere. Deve dire tutto ed aspettare anche le pause. Può entrare e dire la sua solo quando Lui gli dice "Allora Adri, che ne pensi tu?
Lo conosce da trent'anni, sa quando può parlare
"Guarda sempre il tabellone, si aggiusta sempre i capelli, non può reggere. Se andiamo avanti con Leo, finirà in massacro. Tu ed io gli vogliamo bene, ed è proprio per questo che dobbiamo pensare bene alla cosa.
Gattuso ed Ambrosini se lo mangiano e Ronaldinho non è come lui ce lo descriveva. Mi sa che Carletto ... si lo sai che voglio dire.
Comunque, ti dicevo, mentre cercavo di prendere sonno ho pensato che ci vuole un Allenatore nuovo, anzi Zeman".
"Allora Adri?"
Galliani non parla, sa che deve ancora aspettare, il diluvio deve ancora completarsi. Però quel nome è da uscirne pazzi. Il boemo? Ma come gli viene in mente? Forse l'onorevole Miccichè gli ha fatto il lavaggio del cervello? O è stato Bondi?
Si, è opera di Bondi in preda ad una crisi mistica conclusasi con l'apparizione della Madonna di Praga.
"No" - pensa - " ho capito male, Zeman è da pazzi, io mi do malato. Questa volta mi do malato e mando Cantamessa a spiegare tutto. Io vado a fare le analisi ed i fanghi per un pò"
"Adri - lo incalza Lui - " ricordi dopo quella partita di Coppa Italia con il Parma quando a San Siro venne l'Arrigo?
Si che te lo ricordi, a quel tempo eri ancora juventino, eh eh. Da quella scelta è iniziato tutto. Scelta forte, di gioco.
Le altre scelte le abbiamo ragionate troppo, troppo normali. Io sono anni che non impazzisco più nel vedere una nostra partita. Tutto normale, siamo come gli altri insomma.

Voglio vedere gli avversari che non escono dalla metà campo, voglio vederli i nostri correre e pressare, magari prendere gol perchè siamo tutti avanti. Voglio far tornare l'entusiasmo e far parlare del Milan come una squadra di attacco.
E poi voglio mettere un pò di pressione alla Juve: amano Zeman come io posso amare Mauro di Repubblica. Se ci dicono che non ha vinto niente, diremo che con noi finalmente lo farà . E poi mi sa che è di sinistra ed io lo sai garantisco la libertà ed il lavoro a tutti.

Mi hanno detto che Moggi sta nuovamente entrando in qualche situazione e così gli facciamo capire che non è più tanto potente se addirittura Zeman può allenare il Milan. Poi ti sarai accorto che a Sky ci sono Vialli, Mauro, Paolo Rossi, c’era Ferrara, tutti juventini. Così ho motivo per attaccare lo “squalo” e la sua tv. Lo sai quanto sto sul culo all’australiano e sapere che Vialli pone qualche domanda a Zeman mi piace. Magari quello gli risponde ”non so, non ricordo" eh eh, come fece lui davanti ai giudici al processo per doping.
Organizza tutto, prepara l'uscita del Leo in maniera indolore, chiama il Boemo e fissa per martedì a casa mia. Gli voglio parlare. Mi sta tornando la voglia.
"Allora Adri, che ne pensi tu?"

"Presidente, lei è sempre avanti, però questa volta non mi ha colto di sorpresa. L'avevo già pensata io questa possibilità , ma aspettavo che arrivasse la sua notte giusta. Finalmente è arrivata. Sarà fatto, come sempre e grazie.

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view post Posted on 31/10/2009, 21:12




Non c'è nulla di male ad essere ultimi, se lo si è con dignità. (Zdenek Zeman)


 
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bizzii
view post Posted on 1/11/2009, 07:08




Campionato di serie B, 10 dicembre 1989. Il Foggia ha appena perso contro il Parma davanti ai suoi tifosi, e rischia di sprofondare definitivamente in zona retrocessione. Gli ultras di casa, inferociti, stringono d’assedio il Zaccheria: urlano, intonano cori minacciosi, vorrebbero regolare i conti di persona con calciatori e mister. I rossoneri, rifugiatisi negli spogliatori, cominciano a infilare le uscite secondarie nella speranza di non essere notati da nessuno. È una triste pantomima andata in scena un’infinità di volte sui campi di calcio del nostro paese: a ciascuno la sua parte. E tuttavia, qualche minuto dopo, in modo assolutamente imprevedibile, all’uscita principale dello stadio si presenta un uomo. È Zdeněk Zeman, l’ancora semisconosciuto allenatore del Foggia: spalle strette in un trench bogartiano, sigaretta tra le labbra, raccoglie sputi e insulti senza battere ciglio. Alza infine lo sguardo di ghiaccio verso chi vorrebbe linciarlo, e zittisce tutti quanti sussurrando mollemente: «non. sprecate. fiato».
Pochi anni dopo, con una squadra di ragazzini il cui costo complessivo non supera le spese di pedicure di Van Basten, farà sognare un’intera città lottando per la Uefa nella massima serie.
È questo uno dei momenti più intensi rievocati da Zemanlandia, il bellissimo documentario di Giuseppe Sansonna che verrà presentato alla Casa del Cinema di Roma il prossimo 28 settembre alle 10.30. Si tratta di un appuntamento imperdibile per chi ama Zeman, per chi è convinto che prodigi e mostruosità del calcio siano uno specchio nemmeno tanto deformante del nostro paese, e per chi voglia la dimostrazione di come – ad avere idee forti e molta dedizione – un budget che non basterebbe a Tornatore per mezza inquadratura sia capace (artisticamente) di affondare molti pianisti sull’oceano. Miracolo produttivo a parte, Sansonna ha portato a segno almeno altre tre imprese: innanzitutto, è riuscito a riunire dopo quindici anni (intorno a un tavolo da tressette!) il Foggia del calcio totale: da Zeman, al magnate del grano Pasquale Casillo che lasciò la presidenza della squadra dopo essere stato arrestato per associazione camorristica (l’assoluzione è arrivata nel 2007), al geniale direttore sportivo Peppino Pavone, al magazziniere, al viceallenatore di allora. Quindi, messi gli ex compagni di avventura a proprio agio (è meraviglioso vedere il massaggiatore Dino Rabbaglietti che gioca a carte e si rivolge a Zeman chiamandolo: il muto senza nessun timore reverenziale), Sansonna ha chiesto loro di raccontare quell’esperienza irripetibile scatenando un fiume in piena di aneddotica: dalla decisione di prendere il boemo per allenare il Foggia («lui allenava il Licata», dice il vulcanico Casillo, «e fu quando perse 4 a 1 contro di noi che pensai di assumerlo: loro stavano tre gol sotto, è vero, però alla fine della partita correvano il doppio»), agli allenamenti fatti per risparmiare tra i crateri di un oratorio («lui promesso campo vero, io sto ancora aspettando», dice Zeman punzecchiando Casillo), alle follie dei tifosi e delle tv locali, alla fine del ciclo dei Signori e dei Baiano (divertentissima la successione tra la scena d’epoca in cui Casillo tuona tutto incazzato contro i giornalisti: «non venderò nessuno!» e il Casillo attuale che ricorda divertito: «vendemmo tutti…»)
Ma è quando Sansonna mette faccia a faccia Zeman e il suo ex presidente che il documentario prende davvero il volo, sostenuto dall’impeccabile colonna sonora di Pippo Foglianese. Abbandonato il tavolo da gioco, seduti sul divano uno accanto all’altro in un’atmosfera da resa dei conti vagamente ispirata a C’era una volta in America, Casillo e Zeman giganteggiano dai lati opposti dei propri caratteri. Il primo sembra uscito da Casinò di Scorsese – eccessivo, passionale, chiacchierone, abituato a maneggiare capitali giganteschi, si confessa ancora oggi totalmente sedotto da questo ieratico boemo di cui intuisce il genio senza mai tuttavia comprenderne il mistero fino in fondo, e infatti dice stupefatto: «campava con ventimila al giorno: aveva bisogno giusto dei soldi per le sigarette», e poi confessa: «ero come un marito geloso: quando seppi che lo voleva il Parma, piazzai per un mese un mio dipendente di fronte alla sede della squadra emiliana. Dovevo capire se Zeman mi tradiva…», poi si rivolge a Zeman nel tentativo di scuoterlo dal consueto aplomb, proprio come un ex amante che tenti di riguadagnare il terreno perduto: «ti ho sempre rispettato, non è vero? Ti rispettavo perché avevo piena fiducia in te. Per esempio: mi sono mai azzardato a scendere negli spogliatoi?», e Zeman, alzando il labbro superiore verso un impercettibile sorriso: «sei sceso. molte volte», così Casillo espolde: «certo: per portarvi i soldi! Per questo scendevo negli spogliatoi!» e quindi gli occhi gli si fanno inaspettatamente lucidi: «però, di’ la verità, ci siamo divertiti un sacco». E Zeman Eastwood, senza muovere un solo muscolo facciale: «ci siamo divertiti. molto».
Alla presentazione del 28, oltre al regista, ci saranno anche Zeman e Casillo. Particolare non irrilevante: il documentario è costato 20 mila euro, raccimolati a fatica dopo il calcio in bocca ministeriale che ha negato il finanziamento pubblico, dirottando quei soldi verso prevedibili patacche.

Attached Image: zeman_bog.jpg

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view post Posted on 2/11/2009, 12:33




Non ho eredi e non ne voglio: troppi tecnici vedono il calcio come un lavoro e non come un divertimento. (Zdenek Zeman)
 
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bizzii
view post Posted on 2/11/2009, 22:11




Un allenatore può lasciare il segno vincendo coppe e scudetti, oppure regalando sogni e spettacolo. Zeman, il boemo, appartiene a questa seconda categoria. Allenatore antipersonaggio, ma divenuto ben presto protagonista grazie ai suoi silenzi, le sue sigarette, il modo di parlare, quasi senza prendere fiato. Un tecnico in grado di irrompere sulla scena calcistica, sulla serie A, a quel tempo torneo più bello del mondo e rivoluzionarlo, come pochi altri.
Foggia, primi anni 90: parte da qui il documentario che Giuseppe Sansonna ha dedicato a Zeman e alla squadra rossonera che fece innamorare una città. Il tridente delle meraviglie Signori-Baiano-Rambaudi, Seno, Di Biagio e tanti calciatori che da quella squadra spiccarono il volo verso il grande calcio, ne sono i protagonisti. 55 minuti di interviste, aneddoti, filmati di repertorio per raccontare quell’esperienza. Il vulcanico presidente Casillo che racconta quando, dopo aver visto il Licata di Zeman (Sdengo, com’era solito chiamarlo) perdere per 4 a 1, decise di ingaggiarlo. Di Biagio e Rambaudi che ricordano le interminabili sedute di potenziamento sui gradoni dello stadio Zaccheria. Lo stesso stadio che trasmetteva una carica incredibile ai ragazzi di Zeman perché quando il pubblico iniziava a saltare e il terreno di gioco a tremare non importava chi fosse l’avversario (Juventus, Milan o Inter): iniziava la musica e lo spettacolo. La storia di Codispoti il ruvido terzino sinistro a cui il presidente metteva banconote da 100 mila lire nella scarpetta, nel tentativo di non fargli sbagliare l’ennesimo cross. Il rapporto con i magazzinieri, tra una scopa e un tresette, o con i tifosi, dai quali prendeva caramelle che mangiava durante i 90’, per limitare il numero di sigarette fumate.
Zemanlandia era questo: 4-3-3 il credo, lavoro, fatica e sacrificio gli elementi che portarono il Foggia a sfiorare l’Europa. Un documentario che nei prossimi giorni sarà trasmesso anche da ESPN (domenica 11 ottobre ore 22).
Sono passati quasi 20 anni da allora, tanto è cambiato. Zeman e le sue battaglie contro doping e Juventus hanno aperto una breccia e contribuito a svelare un mondo con molti punti oscuri. Oggi l’ex tecnico del Foggia è senza panchina, ma non smette di far parlare di sé. Alla conferenza stampa di presentazione del documentario ha detto la sua su Mourinho (grande comunicatore ma tecnico mediocre), sul calcio (ancora troppe cose non vanno come dovrebbero, ancora troppi Moggi e moggini in circolazione), sulla sua situazione da disoccupato (si vede che non c’è bisogno di allenatori). E Casillo, suo presidente anni dopo all’Avellino in serie B, che rivela: “La sera prima della partita col Messina, mi chiamarono per chiedermi di farti fuori, in cambio della salvezza. Eri tu l’obiettivo, non io. Risposi a quel signore: io vado in serie C con Sdengo”. Anche senza schemi e diagonali da insegnare Zeman è così: personaggio comunque.


Attached Image: zdenek_zeman_foggia_01_150x150.jpg

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LICATESE ODIATO E FIERO
view post Posted on 8/11/2009, 21:39




Zeman, ritorno alla Lazio?



"Non posso decidere io di allenare la Lazio. Non dipende da me e posso solo dire che non ho mai parlato con nessuno della dirigenza e non penso che succederà in futuro". Zdenek Zeman ha assistito all'Olimpico alla sfida tra Lazio e Milan, una presenza da spettatore non interessato, a sentire le sue dichiarazioni, nonostante alcune voci lo mettano nella ristretta lista delle possibili alternative a Ballardini. "La Lazio ha fatto una buona partita - ha aggiunto Zeman - meglio di altre volte. Penso che abbia una rosa abbastanza competitiva per far bene. Rischio retrocessione? No, non credo".
 
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tifoso1967
view post Posted on 12/11/2009, 12:33




vogliamo ZEMAN alla LAZIO almeno lui ci fa divertire con il suo calcio fatto solo di schemi per attaccare l'avversario anche se alcune volte sarebbe meglio fare la fase difensiva più coperta,in ogni caso grandissimo ZEMAN sarai sempre nei cuori dei LICATESI e dei LAZIALI,speriamo bene LOTIRCHIO non perdere anche questa occasione
 
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9 replies since 31/10/2009, 11:44   1009 views
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